lunedì 21 aprile 2014

420 o il numero di Marihuana

Raffaello Sanzio - La scuola di Atene _ Vaticano


I know my shit
La vera storia di The Waldos from San Rafael, California. High-Times e i Grateful Dead

di Caterina Palmer

Non so se la dicitura sia diffusa in Italia, ma pare che lo sia all’estero, in particolare in USA e anche ad Amsterdam e altri posti dove ci sono concetrazioni di fumatori di Cannabis, usano il codice 420 per indicare il concetto di “fumare erba”, stonarsi con Marja etc…
Per me fino a un articolo dell’Huffington Post 420 era solo un modello di deriva da competizione, intendendo con questo non un affare di droghe ma di barche a vela…
E Invece scopro questo mistero del 420, che oltre ad essere legato alla Marihuana per motivi misteriosi, rappresenterebbe anche una data di festa per i consumatori, il Weed Day che cadrebbe propio il 20 aprile. Quindi sappiamo che aprile/venti è noto come weed day e si festeggia da Amsterdam alla California da un po’ di anni… Ma da dove viene? è davvero una data? a che si riferisce? quando nasce?
Leggende metropolitane vogliono che il codice indichi il quantitativo di chimica (THC) presente nell’erba e, a parte che questo varia da pianta a pianta, è un assurdità perchè stiamo parlando di droghe leggere. Secondo altre voci è un codice della polizia per segnalare il tipo di crimine, questo mi sembrava meglio, ma dovrei rivedermi tutto The Shield per essere sicura che Vick Mackey dica 420 almeno una volta in 7 stagioni e francamente non ho tempo.
Ma poi cerco internet e c’è una voce su Urban Dictionary da essere talmente assurda e poetica che sembra una presa per il culo.
Il post è firmato da I KNOW MY SHIT

 420
So far the majority of you are incorrect.
420's origin IS known.
the term 420 originated at San Rafael High School, in 1971, among a group of about a dozen pot-smoking wiseacres who called themselves the Waldos, who are now pushing 50. The term was shorthand for the time of day the group would meet, at the campus statue of Louis Pasteur, to smoke pot. Intent on developing their own discreet language, they made 420 code for a time to get high, and its use spread among members of an entire generation.
So there ya go, someone's parents out there invented the term 4/20.
And remember this:
There are NOT 420 chemicals in Weed. It's about 315, the num. goes up or down depending on what you're smoking.
4/20 is NOT police code or Maryjane.
And that whole shit about Holland and 4/20 over there being "tea time" for smokers isn't true either.

I know my shit.
 

Ho letto ‘sta cosa e ho pensato subito alla bufala, perchè traducendo sembra che tutto risalga a una buffa storiella nata nel 1971 in un liceo della California. Ma a tradurre letterale a me viene da pensare che alla scuola di Raffaello dei fattoni (avete presente il quadro di Raffaello Sanzio della Scuola di Atene dei filosofi… dite se non sembrano dei fattoni), dodici discepoli di Marja, detti The Waldos si incontravano regolarmente alle 16:20 per fumare erba sotto una statua di Louis Pasteur, chimico e biologo francese, che si è dedicato fra l’altro a studiare i meccanismi di fermentazione del luppolo per fare una birra migliore di quella tedesca.


 
 
INVECE grazie all’Huffington scopro che la storia dietro a 420 raccontata da Iknowmyshit non solo è vera, ma coinvolge anche un paio di rock band mitiche dei sixties. A raccontarla è Warren Haynes, il chitarrista dell’Allman Brothers Band, che da un po’ di tempo suona con i Morti Grati (a proposito, buona pasqua, rendiamo grazie) cioè i Grateful Dead, che dalla morte dello storico chitarrista e cantante Jerry Garcia girano in Tour con una nuova formazione col nome semplice di Morti, perchè Garcia era grazia e se ne è andato.

I Dead sono al 57 posto della classifica RollingStones e hanno dato vita a un culto di fan che li seguivano nei concerti in giro per USA, una tribù di adepti dei morti grati che si sono chiamati Deadhead… testemorte seguaci dei morti che suonano country, blues e psichedelia rock. Qui il riferimento a The walking dead è voluto, e in generale cito l’idea di soggetto nomade e nomadismo come strategia generazionale di re-sistenza politica: ZOMBIE REVOLUTION 4Ever. Faccio riferimento a un concetto espresso dalla fiosofa Rosi Braidotti: http://www.euroalter.com/IT/2010/conversazione-sul-nomadismo-intervista-a-rosi-braidotti/ 
Ma se volete basta che vi vediate tutta la filmografia di George Romero e magari anche Rob Zombie (in particolare segnalo il misconosciuto The Devil’s Reject per la colonna sonora)


Insomma Warren Haynes è confuso e dice in un video che non ricorda quando è nata questa dicitura del 420, ma Huffington insiste e sembra che tutto venga fuori da una turnè nel Natale del 1990 i Grateful erano a Oakland e fra i Deadhead girava un volantino giallo che diceva così:

We are going to meet at 4:20 on 4/20 for 420-ing in Marin County at the Bolinas Ridge sunset spot on Mt. Tamalpais


Sul retro del flyer una spiegazione confusa: 420 started somewhere in San Rafael, California in the late '70s. It started as the police code for Marijuana Smoking in Progress. After local heads heard of the police call, they started using the expression 420 when referring to herb - Let's Go 420, dude!

Ma allora c’entrano davvero i Waldos… iknowmyshit ha ragione! Huffington rintraccia la crew di fumatori ormai sulla cinquantina, Steve, Dave e il fratello maggiore di quest’ultimo Patrick, che confermano la storia.
Certo è che i Waldos negli anni ’70 non si sarebbero mai immaginati che le loro ritualità da fumatori si sarebbero trasformate in una celebrazione collettiva del pot’ssmoking festeggiata il 20 aprile. MARIJUANA SMOKING IN PROGRESS 
MSP è un buon acronimo per le magliette


Insomma il 20 aprile è festa, soprattutto in diverse Univerità americane, al punto che le autorità hanno diramato allerte: non stonatevi troppo, che quest’anno è pure Pasqua…

"As another April 20 approaches, we are faced with concerns from students, parents, alumni, Regents, and community members about a repeat of last year's 4/20 'event,'" wrote Boulder's chancellor in a letter to students. "On April 20, 2009, we hope that you will choose not to participate in unlawful activity that debases the reputation of your University and degree, and will encourage your fellow Buffs to act with pride and remember who they really are."


Ma allarmismi a parte il codice 4:20 è diffuso parecchio nella cultura pop: pensate agli orologi di Pulp Fiction, fissi spesso su quest’ora.

Il codice torna anche nelle leggi della California: quando nel 2003 è stato approvato l’uso medico della marihuana, la legge è stata chiamata SB420. Ma nessuno sembra avere le idee chiare sull’origine del codice; si da per scontato che il senatore John Vasconcellos, che ha sostenuto la proposta di legge, fosse abbastanza esperto nella materia da conoscerne il significato.

Ma la storia la raccontano i Waldos che nell’autunno del ’71 sentono dire in giro di un agente della guardia costiera, proprietario di una piccola coltivazione vicino alla stazione di Point Reyes Peninsula. Muniti di mappa i Waldos tentano il saccheggio della piantagione. Siccome i ragazzi praticavano, come ogni buon americano, un sacco di sport e si incontravano al pomeriggio alla statua di Pasteur dopo gli allenamenti per poi andare a fumare, è lì il luogo da cui parte tutto… (si lo so sembra Infinite Jest… but that’s USA!)

Ma mica è facile trovare la piantagione e le prime spedizioni del gruppo sono un flop, anche perchè i ragazzi su una vecchia Chevy Impala del ’66 fumano in macchina, sulla strada da San Rafael fino a pt.Reynes e poi tutti fusi non deve essere tanto facile localizzare il piccolo campo nella sterminata costa californiana. E così l’abituale caccia al tesoro va avanti per un po’ giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, trasformandosi in un rituale giovanile.

E poi? alla fine Steve Waldo ammette che non hanno mai trovato il campo…anche se ormai il codice era nato. 420 diventa un modo di dire telepatico e sicuro per il gruppetto di fumatori di San Rafael.

Ma ora la domanda è come si diffonde la dicitura, al punto da diventare così mainstream da essere usata 30 anni dopo anche su Craiglist?

Il fatto è che la storia porta al collasso della cultura hippie e alla diffusione delle droghe chimiche e psichedeliche e i Grateful Dead si trasferiscono sulle colline di Marin County, nei pressi di San Rafael.

“Marin County era una specie di ground zero della contro-cultura”, racconta Steve Waldo, che oltre ad essere amante della musica dei Grateful Dead aveva anche affari con loro, il padre gestiva delle proprietà per conto della band. E Patrick era diventato amico del bassista Phil Lesh (qui a fianco), oltre che manager di una band collaterale che collaborava ai tour dei Dead. Quindi i Waldo diventano i primi deadhead e contagiano con il loro codice la band.
Una foto dei Grateful Dead del 1970


La band di cui Patrick era manager si chiamò Too Loose To Truck and the Sea Stones, con loro oltre al bassista Lesh hanno suonato altre leggende del rock come David Crosby e il chitarrista Terry Haggerty.

 
Il bassista dei Dead Phil Lesh

Quindi i Waldos membri attivi dell’entourage dei Grateful Dead iniziano a passare spinelli dicendo: “Hey amico ecco un four/twenty” e il codice si diffonde… La memoria dei fumatori di marihuana non è proprio ottima e quindi Lesh dichiara che non sarebbe sorpreso che la definizione sia stata coniata dai Waldos, ma sull’origine del termine purtoppo non ha le idee chiare: "I do not remember. I'm very sorry. I wish I could help," ha detto recentemente.

Un altro membro della comunità hippie, un certo Wavy-Gravy a cui è stato intitolato un gusto di gelato, sull’origine del 420  suggerisce che iniziò “da qualche parte nella fumosa foschia della notte dei tempi.. Ma che tempo è adesso? Ve lo dico io: adesso è l’Eternità!”

Così 420 si diffonde nella comunità dei deadhead con i tour dei Grateful Dead negli anni ’70  e ’80 e da lì passa alle riviste musicali, che aiutano a diffondere il termine globalmente. In particolare Steve Hager, editor di http://www.hightimes.com  dichiara che ha iniziato a usare il codice per promuovere una serie di eventi legati alla cannabis, come la World Hemp Expo Extravaganza e il campionato di coltivazione, Cannabis Cup. Così promossa da High Times, la parola 420 si espande dall’underground legato ai Grateful Dead a tutta la comunità dei fumatori, diventando un fenomeno internazionale.
A partire dai primi anni ’90 High Times compra il dominio web 420.com.
E per una cronologia completa dei significati simbolici e non di 4/20 (tra cui la data di nascita di Carmen Electra) vi rimando a http://www.hightimes.com/read/history-420

E così si torna al Flyer giallo che viene postato sul web, con scarse aspettative, nessuno si immaginava che la cosa si sarebbe trasformata in pochi anni in una festa del raccolto primaverile, prodromo di molte parade e marce per la legalizzazione della cannabis.

Nel 1997 i Waldos decidono di regolare la questione e contattano High Times per chiarire il significato del codice e soprattutto spiegare che non si trattava del codice della polizia per indicare i sospetti consumatori e spacciatori di cannabis: “Il fatto era che non esiste nessun codice della polizia chiamato 420 in California, e quelli di High Times non avevano neanche controllato”. Quindi Hager si incontra con i Waldos e capisce che in effetti tutto nasce a San Rafael.

Se di un gergo si potesse fare un copyright i Waldos sarebbero miliardari, così come in Italia quello del CICIULEO (anche se il gergo italico rimane nettamente relegato in territori più limitati per un problema di madrelingua). Quindi Dave Waldo un po’ rosica, ma rimane orgoglioso dell’invenzione del codice: “Ho ancora un sacco di amici che dicono ad altri amici che conoscono il tizio che ha dato origine alla cosa del 420. E’ una sorta di culto celebrativo e due anni fa alla Cannabis Cup di Amsterdam sono stato spedito in aereo a spese di High Times come un guru”. 
Dave e Steve Waldos lavorano insieme in un’impresa di credito e finanza e spendono più tempo a lavorare e farsi rodere il culo, piuttosto che a fumare erba… ma è un necessario effetto collaterale dell’età che avanza e dei tempi di merda in cui viviamo. Anche gli altri Waldos stanno bene, uno è capo marketing di una vineria nella Napa Valley, un’altro è nel business di stampa e grafica (il Flyer giallo fu cruciale!) e il terzo fa il riparatore di tetti e grondaie.

“Devo dirigere un business, devo rimanere lucido” dice Steve, spiegando perchè ormai fuma raramente: “Sembra che tutti quelli che conosco che fumano regolarmente, ogni giorno o varie volte in una settimana, abbiano sempre qualcosa che non va nella loro vita, sul lavoro o nelle loro relazioni personali o su questioni finanziarie… Insomma è molto divertente, ma sembra che se uno ne abusa ci sia una sorta di prezzo karmico da pagare.”

Più morbida è la posizione di Dave: “Non ho mai sostenuto l’uso della marihuana, ma per me ha funzionato. Sono sicuro che sulla mia lapide ci sarà scritto: One of the 420 guys.’”

Io per esempio ne faccio uso regolarmente, riuscendo a lavorare, guadagnare e avere pure relazioni quasi normali, la sfiga e che ne faccio un uso anche medico, perchè lo lego a un altro codice del sistema sanitario nazionale che è 048. 
Buon WEED DAY 2014.

Articolo originale di Ryan Grim http://www.huffingtonpost.com/2010/04/20/420-meaning-

venerdì 14 marzo 2014

L’altra Mente su “Bianca come il latte. Rossa come il sangue”


 La più vetero-cattolica commedia commerciale sulla più grande bugia mai raccontata: Lo Spirito Santo

SPOILER-ALERT: la rossa morirà
 
La storia è delle più banali: Leo liceale belloccio, si innamora della chioma fluente e rossa di Beatrice (nota a piè di pagina: Dante), Si confida con Francesca (che non è chiaro se stesse già con Paolo all’epoca dei fatti, ma non conta…forse qui si cela una profezia sul papato Bergoglio), che però non è tanto amica perché quando Leo le chiede il numero di Beatrice, lei glielo da sbajato (=Troia traditrice). Quindi a Leo pare che Beatrice lo stia rimbalzando…MA esattamente al 30° minuto Leo scopre che Beatrice porella c’ha un tumore (=già morta prima di nascere)…e insomma Leo pecca un po’ perché crede di amare Beatrice ma IL CANCRO FA PAURA e Leo fallisce un po’,  manda affanculo l’unica che lo ama proprio perché lo ama (Francesca che nel frattempo ha mollato Paolo). Invece di farsi le pippe come ogni sedicenne normale Leo va a fà la box col prof fico del Vangelo secondo Luca (che non è chiaro bene cosa insegni a scuola, sembrerebbe lettere, ma poi vuole fà il missionario e la cosa puzza subito di pedofilia: tutto quel sudore in palestra mi direte che fa bene agli ormoni? mah…e le docce? VOGLIO VEDERE LE DOCCE!)…. Leo poi viene anche castigato e punito da Suo Padre San Flavio Insinna e ovviamente gode come un cornuto alla sola idea di poter essere puniti e provare piacere insieme (ma che davero???? SEmo ancora a Sodoma e Gomorra?).
Poi seguono una serie di banalissimi anagrammi religiosi che manco uno di tre anni (Dio=Leo, Soffro quindi prego), con una retorica sulla predestinazione alla sofferenza e al sacrificio (specialmente notate bene femminile) che fa venir voglia solo di vomitare il ciclo mestruale in faccia a un prete in versione mix Carrie/LindaBlair…
Soprassedendo alla fine Leo riesce a donare il midollo per salvare Beatrice, che però gli mente e muore fuori scena come ogni buona martire cristiana. Il midollo se lo becca uno sconosciuto (di cui sentiamo solo grida di giubilo off-screen), Leo dice a Francesca che la ama (e forse le fa una foto con i google glass trasparenti… ma qui la measa in scena è come tutto talmente pubblicitaria che la scena è una delle più goffe dichiarazioni della sfera mediatica)… Al funerale della Bea persino il prof è senza parole, ma prodigo di abbracci (ODDIO no dai tutto questo contatto maschile di nuovo no, chiaro che Luca Argentero è un figo!)… e alla fine Bea lascia la sua s-confessione in lingua teutonica (Tipo come parlava Ratzinger no? ecco questa è uguale!) a Leo, racchiusa ovviamente nel libretto rosso di Miao Miao Miao… BASTA mi devo fermare perché soffro troppo. Ma invece di arrivare ad architettare questi filmetti confezionati come i pacchi della rinascente di piazza Duomo… non sarebbe più semplice dire la verità? Dio sono IO. Nel nome del Padre del Figlio e della Madre… cazzo ho detto una parola di troppo. Ti prego Spirito Santo che profumi come la nebbia incensosa che avvolge le tue alte colonne tortili erette… Che calzone che sei! oggi i lapsus della tastiere sono talmente belli che manco correggo…

KISS

La Bestia che dorme


giovedì 8 marzo 2012

Breve monologo schizofrenico

- Allora che vuoi scrivere?
-Niente un cazzo, tanto non c'è nulla da dire...
-Raccontaci un po' di te
-Pensi che sia interessante?
-No
-Allora raccontaci qualcosa degli altri
-Non sono interessanti manco loro
-Allora nulla è interessante, non hai nulla da raccontarci...
-Dovresti chiudere 'sto cazzo di blog
-Davvero?
-Lascialo morire meglio per tutti
-Ma appena l'abbiamo iniziato
-Infatti è già un fallimento
-Mi sa che non ci legge nessuno
-E 'sti cazzi? Non è questo il punto lo leggiamo noi, no? Lo leggiamo e lo scriviamo e questo...
-Se la canta e se la sona
-No, lo faccio lo scrivo e tanto se nessuno legge lo scrivo e a me mi fa bene di farlo, solo per farlo non è questo il punto?
-Per niente. Il punto è che tu scrivi se c'hai qualcosa da dire se no meglio che t'azzitti.
-Così non si va da nessuna parte...
-Il punto è che uno scrive perchè ha voglia, intanto, poi perchè sa farlo e...
-Questo è da vedere
-Che so farlo?
-Si. Insomma non è che solo perchè mo' ti pagano e che prendevi otto ai temi che sai scrivere
- E allora cos'è che sapremmo fare?
-Poca roba.
-Vabbè tu sei pessimista e lo sappiamo, ma quello che volevo dire è altro: pensi davvero che sia la tua professione?
- Si
-Perchè?
-Perchè ci guadagniamo.
-potremmo anche fare altro...
-Io c'ho un sacco di IDEEE!!!
-Frenala, ti prego, quella lì con gli entusiasmi facili, va sempre a finire che non conclude una mazza...
-C'hai ragione, è che lei fa fatica a concentrarsi, bisogna capirla.
-Guardate che lo so quel che pensate di me!
-Ah si... tipo?
-Che sei un po' zoccola?
-C'è chi lo prenderebbe come un vanto: Amor che a nulla ha dato...non mi ricordo, comunque il punto sta nel dare
-Il punto sta nel darLa
-NO NO NO, cazzo il punto sta che se non dai non ricevi
-Certo che ogni tanto la dovresti pure placare sta voglia espansiva, no? Torniamo ai momenti introspettivi. Torniamo a parlarci e capirci, santo cazzo... non lo si fa da una vita!
-Ecco... santo cazzo, hai detto bene...
-Stava cercando di fare un pensiero complesso
-No è solo ubriaca e non sa come prendere sonno...
-Tirasse fuori il vibratore e la famo finita!
-Io questa vostra semplificazione riduttiva la trovo estenuante. Lo sapete il problema qual'è... TROPPO INVESTIMENTO. é un cattivo affare imprenditoriale. Quante pippe mentali vi volete fare prima di consegnare uno stupido post di un blog al nulla della rete. Tanto nessuno leggerà, o quando leggerà sarà in disaccordo o non reagirà come avevate immaginato o sarà uno sporco pervertito eccitato dal nome di 'sto cazzo di blog!
-Speriamo...
-Così la smetti di fare gli spogliarelli su chat-roulette
-IO????!!! ma che cazzo dici???
-Abbiamo le prove
-Ma va là era un'esperimento comunicazionale. L'unico modo per capire le nuove forme di interazione interpersonale transmondiali che si sono aperte grazie al worlwideweb e che bisogna esperire in prima persona per....
-CRISTO SANTO....PLACATI !!!!!!
-Ho esagerato?
-Torniamo al vibratore...
-No, a parte l'infoiata, basta con ste pippe dei new media, i brainframes, vita simulacrale, transpsicosi virtuali...La tesi l'abbiamo scritta dieci anni fa!
-E' andata bene, no?
-SI, ma STI CAZZI!!!!!
-Questo è il mantra che le piace...
-Infoiata pure lei....
-Lo sapete che avanti così non la si finisce più...
-Per questo ci piace
-Vi odio

-Posso mettere una canzone
-è prevedibile
-molto

http://youtu.be/n2tvCqD6jgI

mercoledì 29 febbraio 2012

Condivido ergo sum

Il mantra del social network. Il dogma dell'essenza virtuale è diventato questo: shareshareshare. Dovunque, sempre e comunque. Per esserci devi condividere. Qualsiasi cosa va bene. Basta che lo fai. Condividi il malumore mattutino, condividi la colazione calorica, condividi il pranzo davanti al pc con il pc, condividi quello che vuoi fare stasera, condividi quello che non hai fatto ma che avresti voluto fare, condividi quello che avevi programmato di fare e l'imprevisto per cui poi non l'hai fatto. Condividi il tono della cacca quotidiana. Condividi, oppure crepa.
Lo so i messaggi sullo stress da condivisione sociale virtuale forzata non sono certo una novità, ma stasera m'è venuto anche a me e l'unica risposta che mi do è il mio mantra della serenità. STI CAZZI
Posso aggiornare lo status di FB a ripetizione scrivendo solo sticazzisticazzisticazzi tutti i giorni alla stessa ora per un periodo di tempo indefinito. Potrebbe essere un esperimento comunicativo interessante. Solo per vedere i commenti.



E perchè poi il vero punto del condividere 2.0 non è più la democrazia tecnocomunista del filesharing dei bei tempi. Ma è diventata una completa deriva narcisistica dello spettacolo totale, di massa. cerco di non deviare troppo sull'ala guy debord, ma il fatto del mettere in comune su FB non lo si fa per gli altri, lo si fa per sé. Quello che ci interessa non è l'atto (non è il dire qualcosa) ma la risposta. La maggior parte delle persone che usa i social network lo fa alla stessa maniera in cui il buon Narciso si affacciava sullo stagno. Con l'aggiunta che stavolta lo specchio ti parla con la moltitudine di voce dei tuoi contatti, della tua rete. è uno specchio condiviso (anche se non sempre condivisibile) Quello che ti aspetti veramente è la risposta, il commento, alla continua verifica/ricerca dell'Altro. Un altro che di solito è altrettanto evanescente che l'immagine riflessa nello stagno. Una moltitudine di presenze eteriche con cui hai l'illusione di essere in costante contatto. Che magari non conosci neanche o che magari sono totalmente illusorie. Al confronto i medium che parlano con i morti mi sembrano persone molto più sane di mente di quelli che dialogano con se stessi, convinti di parlare con altri. Tra l'altro questo mi sembra anche fomentare delle forme comunicative sempre più aggressive, provocatorie (non che la provocazione non mi faccia simpatia), polemiche. Questo poi ha l'effetto di sminuire il livello reale della provocazione (la gente si scandalizza per cose sempre più ridicole, il tabù ormai è solo un gioco da tavolo, nessuno si diverte più a infrangere i tabù)
Non vorrei far credere che con questo discorso che sono di quelle che dicono che la rete fa schifo, ci ha spersonalizzati, ci ha resi schiavi delle macchine etc... Lo sapevo già prima della primavera araba che la rete permette che succedano delle cose. Quello che mi ha fatto pensare la primavera araba è che un movimento politico rivoluzionario è stato assorbito alla velocità della luce dal mondo mediatico come fenomeno mediatico, trasformato in una campagna promozionale dei social network. La rete parla della rete. Il medium era il messaggio. Adesso il messaggio sono i media. In questo vedo la dinamica narcisistica di riflesso. Non importa più il messaggio reale (politico, sociale). Importa l'elemento condiviso. Anche se non ho nulla in comune con la mia coetanea egiziana in piazza Tahrir, condividiamo. Ma cosa condividiamo veramente? Nulla a parte una tastiera e uno schermo.
è lo sviluppo di una nuova coscienza collettiva modulata sul modello rizomatico?
è l'inizio della dittatura delle macchine e finiremo tutti a vivere di sogni ridotti a pile immaginifiche?
STI CAZZI
STI CAZZI
STI CAZZI

giovedì 19 gennaio 2012

IL RE NERO

Finalmente su TETTEMUTANTI  mi occupo del mio argomento preferito, che si può intuire dal nome del blog, ovvero fantascienza. E ammetto che mi fa ancora più piacere farlo per la prima volta parlando di SF italiana. In questo caso si tratta di un romanzo, vincitore del premio Urania 2010, “Il re nero” di Maico Morellini. Da lettrice l’ho divorato e mi ha appassionato come storia, ma soprattutto mi ha entusiasmato lo scenario e l’ambientazione. Il mondo del Re Nero è la provincia emiliana, federata in una mega città-stato indipendente, basata su una tecnologia all’avanguardia e su una rigida compartimentazione sociale: Polis Aemilia è in realtà un covo di vizi e malaffari. Protagonista è Riccardo Mieli investigatore privato che deve risolvere un caso di omicidio con risvolti politici che toccano gli alti funzionari della polis. Mieli cammina sulla cristalleria, ma è presentato sin da subito come un “sopravvissuto”, un genio del suo campo rivalutato perché fondamentale nella risoluzione di una grossa crisi interna alla polis, avvenuta tempo prima: la crisi dei Dissonanti. I Dissonanti sono esseri mutati geneticamente, con un sistema biologico ricombinante, in realtà cavie umane, manipolate nei laboratori del vero centro del potere occulto della polis: il Policlinico. I Dissonanti dopo la crisi sono stati tutti eliminati e i pochi sopravvissuti rinchiusi, ma dietro di loro hanno lasciato talmente tanto sangue e morte che nella Polis non possono più nemmeno essere nominati. Ora l’alfiere dei Dissonanti, il Re Nero è tornato e ha un unico obbiettivo: sconvolgere di nuovo la vita della Polis.
L’elemento più interessante del romanzo è la visione del potere scientifico (soprattutto medico) come strumento di oppressione sia a livello collettivo che individuale. I Corpi medici immaginati da Morellini hanno dimenticato il giuramento di Ippocrate da un bel pezzo, per diventare una struttura poliziesca di repressione, che controlla la vita dei cittadini, mantenendo il dominio sulla salute (o sanità, che diventa chiaramente un concetto relativo). Rovesciando il paradigma (italiota) del buon dottore, il Re Nero mette in scena una bioscienza spregiudicata votata a una deriva entropia di autodistruzione. Il conflitto costante fra controllo e anarchia, unito all’ambiguità morale del protagonista (e del suo doppio, il Re Nero) in bilico costante fra bene collettivo vs. bene individuale, rendono il romanzo un ottimo noir fantascientifico. Il libro risente di una leggera incertezza (più che perdonabile per un primo romanzo) e si lascia andare a momenti troppo scontati nei meccanismi di genere (soprattutto in certi passaggi di detection con alcuni dialoghi superficiali e didascalici) e ripetizioni nella complessa messa in scena dello scenario fanta-politico. Purtroppo sul finale l’impressione è che l’autore abbia risolto l’intreccio in maniera troppo veloce, con un effetto di incompiutezza che lascia al lettore la vogia di un sequel (e questo è buono) anche se l’autore ha dichiarato di essere al lavoro su tutt’altro. Sarebbe un peccato: credo che i Dissonanti e Mieli avrebbero ancora molto da offrire, ci sono decisamente tutti gli elementi per una saga.  

lunedì 26 dicembre 2011


ADEPTA DELL'ARTE DI PELLEGRINO ARTUSI
Posted by Picasa

Poltergeist in corso Vercelli

Tra le usanze della mia famiglia non c'è mai stato il cinema natalizio. Per motivi di sindrome pre e post festiva, insieme a spiccate tendenze misantrope enfatizzate dalla digestione dei cibi pesanti, la sala cinematografica è sempre stata accuratamente evitata. Per me fa eccezione solo il godimento di andarsi a vedere (in solitudine) il cazzatone fantamagico di natale in un momento improbabile insieme a pletore di ragazzini e nonni. Ma in questo Santo Stefano 2011 io e mio padre abbiamo tentato di fare un'eccezione. Non ci aspettavamo di scatenare addirittura le forze oscure nel centro di Milano. Ma tanto può la forza della (dis)abitudine.
Mio padre è abbastanza ansioso e diffidente, quindi pur partendo con tre quarti d'ora di anticipo per il cinema in corso Vercelli ha iniziato subito a dire che eravamo in ritardo, che non ci sarebbe stato parcheggio e che non avevamo prenotato... Con una tale dose di pessimismo siamo riusciti a raggiungere l'area e parcheggiare sulle strisce residenti dietro il corso in soli 16 minuti dalla partenza da casa. Eravamo in anticipo sul film di 40 minuti. Ci avviamo per il corso sotto le luminarie natalizie, al crepuscolo... probabilmente passiamo sotto le suddette luci esattamente all'orario di accensione dell'illuminazione pubblica. Io stavo guardando il cellulare nuovo e papà camminava avanti un paio di metri, affrettandosi verso il cinema, infastidito dalla gente sul marciapiede. Sento un lieve rumore, solo un piccolo pof e percepisco un bagliore sullo schermo del cellulare, alzo la testa e vedo un fuocherello, come una fiammella a gas all'interno della lampada pubblica sospesa sopra la mia testa. Due ragazzini sghignazzano e dicono che sta per prendere fuoco tutto. In effetti la fiammella si intensifica e se ne accendono altre in tutte le lampade (che sono saltate per un corto). La gente inzia ad agitarsi anche perchè le fiamme dentro i lampioni sono sempre più allegre, iniziano a fondere il bulbo, che ricade in fiammelle di plastica fusa sul marciapiede e sulle auto e moto parcheggiate. La maggior parte dei lampioncini infuocati fonde, gocciolando sull'asfalto, ma ne resistono due che creano agitazione. Uno gocciola la plastica fusa sul cofano di una berlina tedesca e continua la sua combustione attecchendo su qualcosa, forse solo un volantino pubblicitario. La gente inizia a essere seriamente preoccupata e a chiedere: quando arrivano i vigili? Qualcuno allarmato richiama parenti curiosi: "Ragazzi via di lì che salta per aria!". Intanto il lampioncino vicino gocciola pericolosamente su due motorini e becca il bauletto in platica di uno dei due. Interviene un coraggioso signore in casco bianco che semplicemente sposta il motorino evitando che il bauletto prenda fuoco... Ma il cofano della macchina continua a bruciare. Un capannello di gente gli sta intorno, domandosi che fare. Uno getta il contenuto di una bottiglietta sulle fiamme, quello accanto a me (che me ne sto dall'altra parte della strada a documentare) commenta "Ecco il genio che cerca di spegnere il fuoco con la birra". Il cofano della macchina continua a bruciare fino ache arrivano due carabinieri in motocicletta a sirene spiegate che placano il fuoco con una spettacolare pompata di miniestintore. (fumo molto scenografico). Tutto sembra risolto quando sopraggiungono due camion dei vigili del fuoco. Siamo salvi. Tranne la berlina tedesca grigio metallizzata con il cofano sbruciacchiato e frizzato dall'estintore.
Ma la domanda che mi pongo è: perchè? La spiegazione che mi do è che io e papà dovevamo andare a vedere Sherlock Holmes 2 (esaurito, by the way) e secondo me l'incendio dei lampioncini è opera del fantasma di Sir Arthur che cerca in tutti i modi di boicottare lo sfacello ai botteghini operata dall'ex  baronetto di Madonna, Mr. Ritchie. è uno scontro autoriale metafisico. Il messaggio di Sir Arthur è: Guy resti un regista di terza categoria...